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La dismissione del diritto internazionale, sostituito dalla forza, è il prodotto del regime di guerra planetaria. L’esito è una governamentalità mondiale che ha disfatto il diritto dei popoli che ha segnato i processi di decolonizzazione, e il diritto umanitario, in vigore dalla fine della seconda guerra mondiale.

Il diritto internazionale è stato eroso alla fine degli anni novanta del secolo scorso dalle guerre “umanitarie” e agli inizi del secolo dalla dottrina della guerra permanente che ha definitivamente dissolto il principio dell’autodeterminazione dei popoli.

D’altra parte l’architettura postbellica del diritto internazionale non assicura più il principio universalista del diritto che ha regolato i rapporti tra gli stati. Questa forma del diritto non è più replicabile, nè riformabile.

Distruzione, estrazione, ecocidio, securizzazione dei territori, avvengono in aree estese di extra-diritto, che sostituiscono l’insieme delle relazioni interstatali.

La costituzione di potere delle grandi piattaforme tecnologiche ha promosso un dispositivo reticolare e microfisico di comunicazione, informazione, controllo, acquisizione, stoccaggio e gestione di “big data”, lavorati da algoritmi e sostenuta da un’economia finanziaria che genera guerra, genocidio, profitti stratosferici e povertà generalizzata.

L’affermazione di poteri autocratici distrugge il diritto pubblico statale con norme liberticide, repressive e coercitive che comprimono i diritti, il dissenso, la critica e impongono uno stato di insicurezza.

In questa realtà emerge la necessità di destituire le politiche di riarmo degli stati nazionali, di produrre un diritto all’esodo dall’occidente razzista, suprematista, patriarcale e di diserzione dalle condizioni attuali di vita.

E’ sempre più necessario costruire connessioni transnazionali tra popolazioni. E produrre un diritto dei diritti alla salute, alla cura, all’istruzione e alla ricerca che operi la tutela delle povertà, delle fragilità e delle resistenze a tutte le forme di dominazione, violenza e oppressione.

Un diritto che non sia più in capo agli stati nazionali, ma che provenga dalle popolazioni in rapporto alle terre abitate e alle terre libere che sono comuni e non sfruttabili.

Un diritto che si incarichi di tutelare la biodiversità, la molteplicità delle specie viventi e delle configurazioni mutanti di specie umane e non umane.

Un diritto che registri la porosità dei confini, disarmi le frontiere e affermi il diritto delle popolazioni come prevalente rispetto alla sovranità dello stato nazionale e all’impresa multinazionale, e che tuteli le persone migranti rispetto ai provvedimenti di detenzione, tortura, espulsione.

Un diritto che tutela intelletto, sensibilità, percezioni, affetti, desideri ed emozioni, sanzionandone gli usi a fini di profitto.

Un biodiritto che tuteli l’autodeterminazione di genere, la lotta al cambiamento climatico e le libertà relative all’inizio e fine vita.

Un diritto transnazionale con queste caratteristiche cosa può essere? Può essere connettivo e non normativo?  Deve avere potere di sanzione?

paolovernag@gmail.com

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